Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
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Comune di Trento
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Trento, 30 dicembre 2010 Nelle ultime settimane, il dibattito sull’inceneritore ha ripreso corpo. Con un tempismo incredibile, Dolomiti Energia si è chiamata fuori dal bando, che è ormai scaduto senza aver suscitato il ben che minimo interesse, lasciando a secco un progetto ritenuto troppo oneroso e, a quanto pare, rischioso. I vincoli che il Consiglio comunale di Trento ha votato un anno fa, per questo bando definito «rigoroso», hanno infatti scoraggiato più di un concorrente. Le dichiarazioni del presidente di Dolomiti Energia sono state molto chiare: non è economicamente sostenibile accettare la clausola che prevede che la tariffa verrà rinegoziata se la raccolta differenziata supererà il 65%. A dimostrazione che inceneritore e raccolta «porta a porta» spinta sono e rimangono incompatibili. Perché in molti quartieri di Trento e in alcuni comuni, tra tutti quelli della Val di Fiemme con l’80% di differenziata, siamo già molto oltre. Grazie all’impegno e alla coscienza ecologica che sta maturando nei cittadini e allo sforzo assolutamente importante ed encomiabile dell’amministrazione. I dati forniti sono davvero interessanti: Gardolo è al 67%, Meano al 72%, Povo e Villazzano sono al 73%, Sardagna e Sopramonte sono al 72%, l’Argentario è al 70%. Nella Circoscrizione di Meano, in particolare, si è arrivati a 80 chili a testa di rifiuto secco, contro i 170 previsti per far funzionare l’inceneritore e ai più probabili 500 che consentirebbero a questo «mostro» di bruciare al meglio e in piena autonomia (senza importarne, come avviene quasi ovunque), abbandonando la raccolta differenziata. Allora la domanda è molto semplice: tutto questo lavoro, l’impegno finanziario, le competenze acquisite, gli eco-volontari, l’investimento umano, sociale e culturale, la responsabilizzazione dei cittadini, dove andranno a finire se verrà costruito l’inceneritore? È inutile nascondersi dietro un dito: l’esperienza di altre città, Brescia fra tutte, ci insegna che le due pratiche sono auto escludenti, gli inceneritori infatti spingono inevitabilmente nella direzione opposta a quella della riduzione o del riciclo del rifiuto perché sono per eccellenza le macchine dello spreco, produttori a loro volta di rifiuti pericolosi come le ceneri contaminate, le polveri del sistema di abbattimento dei fumi, la massa d’aria inquinata che arriva in atmosfera ricca di ossidi di azoto, polveri fini, metalli pesanti, diossine. Per non parlare dei terreni circostanti, inadatti agli usi agricoli e residenziali, e della perdita di materia, secca, che potrebbe essere a sua volta ancora riciclata. Per non parlare di un residuo del 30% che dovrà comunque essere conferito in discarica. È ormai abbastanza diffusa, in alternativa, una nuova tecnologia, l’estrusione, in grado di riciclare a bassa temperatura la quasi totalità del rifiuto secco in gran parte di matrice plastica. Si ottiene, alla fine del procedimento, un prodotto economicamente interessante e con una spesa 10 volte minore rispetto a quella dell’inceneritore. Mi chiedo: perché non approfittare dello stallo creato dal bando andato deserto per farne uno nuovo, aperto a differenti soluzioni? Ma il governo del Trentino non sembra voler andare nella direzione della ricerca di soluzioni più idonee e compatibili dal punto di vista sanitario, ecologico e ambientale, economico. Il continuo miglioramento nel trattare il tema dei rifiuti, giunto nel nostro territorio ad un punto qualitativamente così alto con il sistema della raccolta differenziata, sembra arenarsi purtroppo a un passo dalla chiusura «pulita» del ciclo. Non serve a far cambiare idea neppure il buon coinvolgimento dei cittadini e l’affezione che stanno provando nei confronti della pratica della differenziazione e del riciclo. Per ultimo, mi sembra davvero riduttivo pensare che i rischi per la salute saranno tenuti in considerazione e monitorati solo a costruzione dell’impianto avvenuta, cioè quando sarà in funzione. Escludere pericoli igienico-sanitari è un passaggio preventivo, obbligato e di importanza cruciale, dal momento che gli studi di settore, in Veneto, Lombardia ed in Emilia Romagna dimostrano aumenti di rischio di cancro nelle zone limitrofe agli inceneritori in proporzioni davvero inquietanti ed in particolare per le donne, problemi per i neonati alla nascita, linfomi e sarcomi dei tessuti molli in crescita esponenziale. Come dimostrano anche importanti studi condotti da organismi di ricerca in Francia ed in Gran Bretagna. Da noi invece solo beate certezze e tanto ottimismo, forse, in questi giorni, anche un po’ di rabbia. Ma anche tanta cocciutaggine, tanta presunzione che finiranno col penalizzare e mettere all’angolo le forze politiche minori, pur presenti nelle maggioranze comunali e provinciali, che sono da sempre contrarie all’inceneritore e si sforzano di portare nella politica di chi governa elementi di criticità e nuovi modi di intendere l’ambiente e la salute. Con senso di responsabilità e coerenza. E i tanti che nei partiti più rappresentativi stanno subendo loro malgrado la scelta dell’inceneritore e si adeguano per senso di appartenenza e per fedeltà. Forse a tenere in piedi questa «voglia di inceneritore» è solo l’intenzione di togliersi di torno questa patata bollente, definitivamente e nel modo più semplice. Un bel fuoco catartico che cancella, apparentemente, tutto. Perciò parliamo quasi con disprezzo di spazzatura, immondizia, rifiuto (quando, comunque, si tratta di materia, per la gran parte ancora riutilizzabile! Materia prima «seconda», come si usa dire). Per concludere vorrei ricordare che la dignità, il sentire politico ed etico, non sono solo appannaggio delle forze più rappresentate, non sono legate al numero delle preferenze ottenute e al consenso, ma appartengono a tutti coloro, dentro o fuori dalle istituzioni, che hanno a cuore il bene comune e vivono ancora la politica con disinteresse, sincerità e passione. Lucia Coppola |
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